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I F.lli Format nacquero nell’estate del 1982: Roberto Barbanti, Lelio Camilleri, Jorge Martinez, Mechi Cena e Francesco Michi, compagni dei corsi di Fonologia e Musica Elettronica al Conservatorio Cherubini di Firenze, decisero di unire le proprie capacità e competenze, scambiarsi esperienze e opinioni, lavorare insieme condividendo propositi e strumenti. Pochi mesi dopo, per altri impegni sopraggiunti per alcuni membri, il gruppo divenne un trio formato da Jorge Martinez, Mechi Cena e Francesco Michi: un ensemble che per circa un decennio elaborò un modo particolare di valutare e concepire la “musica” o, meglio ancora, la “modalità di fruizione” degli eventi o accadimenti sonori, attraverso composizioni, installazioni, pubblicazioni e dibattiti che venivano progettati, discussi e composti in una fusione d’intenti tipica della cultura post-neoavanguardista e underground dell’epoca. Erano gli anni in cui il dibattito militante e il confronto intellettuale e culturale permetteva di operare in linea con una certa idea di progresso, erede di quella paradigmatica esigenza di rivoluzione culturale che animò tutti gli anni Sessanta.

La Firenze degli anni Sessanta Settanta non a caso fu un vasto laboratorio di ricerche sperimentali e interazioni fra poesia, musica e arti visive. Intermedialità postmoderna e contaminazione di linguaggi erano i nuclei fondamentali attraverso cui si sviluppavano le ricerche di artisti, intellettuali e appassionati. L’idea dei F.lli Format si inserì all’interno di una stagione pulviscolare di prospettive e riflessioni, compiendo al tempo stesso un passo ulteriore: aprirsi alla prospettiva dell’ascoltatore, sondare le relazioni fra suoni e ambiente, capovolgere le idee esistenti relative alla fruizione musicale. In tal senso fu determinante un corso al Centro di Sonologia Computazionale all’Università di Padova nel 1983, durante il quale i membri dei F.lli Format manifestarono una profonda perplessità relativamente a tutto ciò che sembrava (a parer loro) venir trascurato dai relatori e dai compositori-docenti. Da qui la crescente consapevolezza dell’importanza dello spazio fisico con le sue caratteristiche e particolarità, dell’ambiente e delle relazioni che indiscutibilmente si creano con il suono. Quello stesso ambiente fu oggetto dei corsi al Conservatorio Cherubini di Firenze di Albert Mayr che aveva partecipato in precedenza al World Soundscape Project, il gruppo di ricerca guidato dal compositore canadese R. Murray Schafer, a cui si deve la formalizzazione dei criteri di quella che lui stesso definì Ecologia Acustica, Sound Design e lo studio delle relazioni fra suono, musica e ambiente. In questo contesto iniziò a concretizzarsi il concetto di “modalità di fruizione”, cominciando ad ascoltare con rinnovata attenzione i suoni del mondo e non solo quelli naturali, ma anche e soprattutto quelli che la cultura del tempo produceva e distribuiva attraverso i suoi mezzi tecnologici, notando le condizioni in cui quei prodotti venivano percepiti e fruiti.

L’occasione di formalizzare l’inedita formula teorica del gruppo fu offerta da un intervento al quinto colloquio di Informatica Musicale che si tenne ad Ancona nel 1983. Il testo dal titolo Alcuni aspetti del rapporto composizione/modalità di fruizione alla luce delle possibilità offerte dall’informatica, venne inserito, con amara delusione, nella sezione “Sociologia e Musica”. Pur non potendosi confrontare da compositori a compositori, il gruppo dei F.lli Format riuscì a destare qualche interesse e a pubblicare altri saggi sullo stesso argomento, riuscendo a gettare basi teoriche e artistiche solide.

Dal 1983 al 1993 i F.lli Format produssero molti progetti, alcuni realizzati ed esposti altri rimasti inediti ma tutti volti ad abbordare la materia dell’evento musicale, restituendo attenzione ai parametri della fruizione e ipotizzando un valore metaforico che derivava da una lettura personale dell’ambiente sonoro - complesso – della civiltà contemporanea occidentale che influiva anche sulla comune coscienza di percepire e porre attenzione.

Considerare il mondo come una composizione dona al compositore la possibilità di avere una visione più ampia e di valutare la composizione come progettazione e descrizione di un processo: quasi una narrativa musicale che appartiene più al contesto che al suono in sé. Una prospettiva anche più complessa nella sostanza che necessita di un’immersione e di uno spirito avventuroso profondo per essere compresa nella sua totalità.