LuogoComune

 

di Simonetta Lux

 

L’artista Anton Roca ha realizzato il progetto di scultura installazioneTavoloITALIA , invitato dalla Comunità di Sant’Egidio a misurarsi e a misurare la sua arte sulla idea della esclusione, della separatezza, realizzando un lavoro creativo che includesse le figure emarginate della società contemporanea, non solo in Italia: figure e persone che la Comunità avvicina, cerca, cura, libera dall’impatto di pregiudizi culturali persistenti ancor oggi.

Roca ha accolto la sfida, difficile e complessa, ma per lui non inedita: si tratta di una sfida che lui stesso si è dato nel suo percorso interiore, concettuale e creativo di artista, da almeno un ventennio: rendere evidente la sua idea di arte che non è quella della creazione di un oggetto poi abbandonato così alla fruizione futura, ma quella di un’arte come processo condiviso, un’arte del rendere visibile e compartecipato il suo rapporto col reale, prima a se stesso, e poi all’altro.

L’artista ha percorso, inizialmente, una vera e propria analisi interiore, per rendere

trasparente all’altro, a un pubblico futuro per forza sconosciuto, quello che è il nocciolo della creazione artistica, il divario esistente fra Ideale e Reale.

“Questo avviene - egli ha scritto - sottoponendo il proprio Io, il cui valore é quello semplice di un qualunque materiale di lavoro, ad una serie di esperienze che si trasformano in vissuto reso disponibile agli altri. Le materializzazioni di questo processo creativo risultano, dunque, dalla trasformazione interiore continua dell’artista, in corrispondenza con le esperienze a cui si sottopone, adoperando un meccanismo paragonabile a quello del medium. Quindi, l’io artistico, acquista una valenza, per quanto esso sia possibile, impersonale, neutra che va oltre la sfera del personale per incontrare il collettivo: da egocentrico diventa egotopico. Proprio sul carattere egotopico dell’Io artistico bisogna citare il lavoro “Parola di Luogo” (1992) “in cui – afferma Roca - ho attuato una ‘nominazione’ di luoghi altri rispondente ad una esigenza di riacquistarli, riappropriandomene del senso che essi avevano avuto nei confronti del sé”.

Modificazione interiore prima, e nel contempo scelta del linguaggio e delle modalità espressive.

Il rapporto con l’altro è aperto.

Nel momento della committenza dell’opera per i 150 anni dell’Unità d’Italia, Anton Roca si è mosso subito sul piano del coinvolgimento responsabilizzante di coloro coi quali si trattava come soggetti individuali, come persone, per lo più (per dire che non lo sono tutte: c’è Francesca) misconosciute in quanto persone appunto, emarginate o dimenticate nella società contemporanea.

Si trattava non tanto di tematizzare, insomma di attribuire un contenuto ad un’opera da realizzare, quanto di portare in forma di arte e dentro l’arte un processo di liberazione dall’indifferenza. Ha scelto di condividere, attraverso segni e gesti deliberati, inseriti come “linguaggio” nella sua scultura installazione “tavoloITALIA”, modi diversi di condensazione materiale e gestuale del racconto reciproco - suo e di quelle persone o di quelle figure - delle esperienze di vita, di riflessione e di memoria, riferite a tempi diversi dell’Italia unita e nell’Italia così come è oggi.

tavoloITALIA  è una nuova forma del progetto e delle diverse realizzazioni di “luogoComune”, proprio dello sviluppo più recente dell’arte di Anton Roca.

Che cosa è luogoComune”?

Non posso dirlo meglio che con le parole di Anton Roca stesso:

“Per luogoComune’ intendo quei luoghi e/o spazi significanti che, per cause inerenti alla propria natura, sono facilmente individuabili perché riconoscibili da tutti. Spazi e/o luoghi in cui vi confluiscono tutte le diversità, senza forzature, ma come espressione di una naturale normalità a carattere ‘ancestrale’ e, per questo, comune a tutti.

luogoComune è anche la modalità di azione, estetica ed etica, messa in atto durante lo svolgimento del percorso di lavoro collettivo. Caratterizzato dall’interazione fra i partecipanti e dal fatto di avvalersi di strumenti quali la riflessione, il confronto, la condivisione e l’incontro. Sia nella fase progettuale iniziale, che durante il percorso e nelle conclusioni, di qualsiasi natura esse siano, finali.

L’idea trainante dei percorsi, definiti luogoComune, è attivare un percorso creativo collettivo tramite il quale sia fattibile rapportarsi ad un dato territorio: quello di appartenenza, quello di elezione, ...  ed al tessuto umano e sociale che lo abita. Al fine di far emergere gli elementi di coesione sotto l’egida di un’azione estetica, oltre che etica.

La caratteristica fondante dei percorsi è quella di individuare un luogoComune a tutte le realtà che condivideranno il percorso creativo collettivo e, nel farlo, attivare una strategia che porti al raggiungimento di un’azione in linea con la logica dei percorsi luogoComune. Al fine di svolgere l’intero iter progettuale e raggiungere gli obiettivi comuni fissati, si evince la necessità di costituire un gruppo stabile di lavoro e attivare delle modalità operative e realizzative conseguenti al lavoro di gruppo.

Ho iniziato questo percorso di lavoro in coincidenza con il terzo millennio, a Cesena, di conseguenza a due fatti importanti: il mutamento avvenuto all’interno delle componenti sociali del territorio, dovuto all’afflusso di persone migranti, e ad una riflessione personale in cui sentivo forte l’esigenza di andare oltre al solipsismo del fatto creativo, decadentemente estetico e di scarsa efficacia in quanto espressione di un esercizio individuale, limitato all’artista.

Al primo percorso luogoComune, incentrato sui cambiamenti avvenuti a livello sociale nel territorio comunale di Cesena - ma con lo sguardo rivolto al territorio italiano ed al costituendo nuovo tessuto sociale europeo -, hanno partecipato la maggior parte delle associazioni di migranti presenti in città ed alcuni dei servizi, attivati dall’Assessorato alle Politiche Sociali dello stesso comune, rivolti ai nuovi arrivati.

Tra le prime: Yakkar, Mammafrica, ADI (Associazione Donne Internazionale), Edo, l’Oeil de retour e Altra Medina Altra città. Fra i servizi: Spazio Donna, Centro Stranieri e la Consulta dell’Immigrazione. Oltre alla collaborazione della Cooperativa Mappamondo che gestiva i servizi attivati dal Comune di Ravenna.

Tutto l’iter progettuale durato due anni (2000 – 2002) è stato presentato in una mostra conclusiva, arricchita da un nutrito programma di eventi collaterali, realizzata nella Galleria Comunale di Palazzo del Ridotto tra il 30 novembre 2002 ed il 6 gennaio 2003.

L’elemento luogoComune individuato, in questo primo percorso, fu il tavolo. Di qui, l’immagine fotografica “tavolÆuropa”. Oggi esposta in modo permanente nell’androne d’ingresso di Palazzo Albornoz, sede del Comune di Cesena.

Altre tappe di questo percorso di riflessione sono state proposte a Reus e a Berlino. Al fine di rafforzare il carattere europeo della riflessione proposta nel percorso luogoComune”.**

In tavoloITALIA”  la forma/percorso – perché così dobbiamo chiamare il processo di realizzazione dell’opera, fino al risultato finale che è insieme materiale e concettuale, visibile e invisibile, un’opera appunto - parte dalla identificazione del luogoComune in questione, che è: l’Unità d’Italia, vista da oggi. Ma è anche una domanda: l’Italia è unita, oggi?

Anton Roca è entrato in questo luogoComune sottobraccio a un gruppo di persone che si sentono appartenere all’Italia, ma che la abitano ai margini.

In colloqui e racconti scambiati insieme, Roca per far sentire la voce della bellezza, l’estetica, il fare arte, le persone di margine dell’Italia attuale per far sentire in quale modo abitano questo luogoComune, l’Italia, e in quale modo vorrebbero abitarla.

Il risultato avrebbe dovuto essere un’opera collettiva.

E’ risultata piuttosto un’opera unitaria, responsabilizzante, certo, espressione di desideri inesauditi, oppure di aspirazioni a un mutamento della cultura italiana, espressione anche di racconti di esperienze vissute e memorie nascoste nel profondo dell’anima.

Vi sono stati lunghi incontri individuali dell’artista con ciascuna delle persone. Esse erano state cercate e avvicinate – all’inizio dell’opera - anche con la guida della Comunità, tra i luoghi romani della separazione, dell’esclusione, della recinzione, dell’abbandono o della dimenticanza.

Persone disabili, migranti, rom, ex-carcerati, anziani, barboni e senza casa, ex deportati in campi di concentramento nazisti: ciascuno ha raccontato, narrato la vita e la difficoltà di abitare il territorio Italia, in momenti e situazioni differenti.

Questa fase del lavoro è stata molto importante, per giungere alle due fasi in cui propriamente le persone incontrate entrano nell’opera, la scultura tavolo ITALIA.

Questa è composta di venti vecchi tavoli, quante sono le regioni d’italia, e di una grande sagoma geograficamente precisa in ferro corten ad essi soprapposta: rappresenta l’Italia geografica ma anche l’idea del territorio materiale e concettuale italiano.

Si tratta di due fasi, di due momenti, concettualmente e fisicamente diversi.

In un  primo momento o fase, le persone insieme all’artista scelgono di condensare la loro storia, o desiderio o auspicio , in un gesto e con un dono. Queste persone si privano di tracce, frammenti, oggetti, cui sono particolarmente legate attribuendogli la sintesi simbolica del loro messaggio all’Italia. E collocano tali doni in luoghi (cassetti) della scultura che scelgono insieme all’artista.

In un secondo momento, entrano essi stessi nell’opera, abitandola, abitando cioè il territorio italiano, disponendosi con un gesto, ciascuno tratto da pitture della grande storia dell’arte europea, che Anton Roca ha loro proposto.

Viene così creato con loro attori un tableau vivant, dal titolo “abitare tavoloITALIA”, che l’artista materializza in una grande fotografia, poi esposta a dimensioni reali di fronte alla scultura, come una grande installazione.

Sopra la sculturatavoloITALIA”, e nella selva scura sotto di essa , Anton Roca ha disposto due “segni” luminosi, l’uno rivolto da Roma verso Dachau , l’altro da un lontano sudest, verso l’Italia. La deportazione, la migrazione.

Così con “tavoloITALIA” e con la installazione di “abitare tavoloITALIA”, Roca e i suoi amici ci inviano più strati di messaggio e più strati di senso: ci troviamo di fronte a un’Italia Unita, ma fatta di tanti pezzi disgiunti o disgiungibili. Ci troviamo di fronte a un’Italia fatta di storie incredibili, più o meno dolorose, più o meno rasserenate, tutte però sul territorio amato italiano, riunite in esso. Ci troviamo di fronte all’unità di presente e passato: l’artista ha voluto tessere anche i fili di una grande cultura artistica

antica e moderna, italiana ed europea, della quale si possono pienamente rivivere, considerandoli pienamente attuali, i gesti rappresentati.

 

 

Agostino Di Pasquale è, al centro in primo piano come nel particolare della figura di giovane nel quadro di Edouard Manet  “Colazione nello studio” (1867).

Alla sua sinistra, Alessia De Montis è come nel particolare dal quadro “Siesta” di  Paul Gauguin (1892-1894).Alla sua destra, in prima piano, Ivan come la figura del Manifesto “Aidez l’Espagne” (1937) creato in sostegno dei combattenti repubblicani della guerra civile spagnola da Juan Mirò . Ancora a destra, Stefania Zimmaro e Bose Bamowo, si abbracciano con affetto e rispetto, come  nell’affresco di Giotto nella Cappella degli Scrovegni a Padova, “L’incontro di Gioacchino ed Anna alla Porta Aurea” (1303-1305).

Boban Trajkovic e Dragana Novakov sono come nel “Déjeuner sur l’herbe” (1862-1863) di Edouard Manet, e le loro figlie Esmeralda e Claudia come in  “Donne di Thaiti (sulla spiaggia)” di Paul Gauguin (1892-1894) e come il piccolo “Paul en Arlequin” (1924) di Pablo Picasso .

Edda Zordan è atteggiata come “Madame Clementine Stora in abito algerino” di Pierre Auguste Renoir (1870) e alle sue spalle, inclinato verso di lei, Juan Espinoza Badajos, come in “Le déjeuner des canotiers”(1881).

Francesca Orlando ed Ahammed Mohamed Taizuddiu sono chini su un libro aperto, come il gruppo di filosofi nella “Scuola d’Atene” di Raffaello.

Mario Limentani come la nobile figura in primo piano nel grande quadro di Pellizza da Volpedo “Il Quarto Stato” (1898-1901).

Aurelio Bagaglini, come il  ragazzo pensoso seduto sulla riva del fiume in “Baigneurs à Asnières” (1884) di Georges  Seurat e Giuseppe Pisu semidisteso come in “Une dimanche après-midi à l’Ile de la Grande Jatte” (1884-86).

Sergio Calvello e, alla sua sinistra, Nana Stateshvili, rispettivamente come nella tavola della “Flagellazione di Cristo” e come nell’affresco de la “Madonna del parto” di Piero della Francesca (1415-1492). Alla loro destra, Aniello Bosco come l’infermo dall’affresco di Masaccio “San Pietro risana gli infermi con la sua ombra”, dipinto tra 1425 e 1427 nella Cappella Brancacci a Firenze. Alla loro sinistra, Hirseyo Tuccimei come ne “L’Urlo /Skrink” (1893) di Edvard Munch.

Infine l’artista stesso, come Diego Velázquez in “Las Meninas” (1656) è riflesso in un specchio, ai piedi di tavoloITALIA, che ne cattura l’immagine, inserendosi tra i nuovi diversi amici.

Per “abitaretavoloITALIA”, insieme.

Simonetta Lux

 

**Anton Roca,in LuogoComune, Cesena, 2002.

Roca racconta poi gli sviluppi successivi della forma che assume luogoComune:

Altre tappe di questo percorso di riflessione sono state proposte a Reus e a Berlino. Al fine di rafforzare il carattere europeo della riflessione proposta nel percorso luogoComune.

Reus, Catalogna, nel novembre 2001

Due le modalità:

- attraverso il coinvolgimento di una classe dell’Istituto di Scuola Superiore IES Baix Camp. Tramite un collegamento via internet con Berlino, gli studenti hanno potuto pubblicare, direttamente nel sito dell’iniziativa Netdays organizzata dal Centro Culturale Ufafabrik, le loro opinioni in merito al modificarsi del tessuto sociale nella città catalana.

- L’esposizione della tavlÆuropa, nel gennaio 2002, presso lo stesso istituto scolastico.

Berlino

- Nel Centro Internazionale di Cultura UfaFabrik di Berlino, il percorso è stato ospitato, oltre all’iniziativa Netdays, in occasione nel convegno mondiale della rete di centri d’arte Res Artis, nel mese di settembre 2005.

LuogoComune # 2

LuogoComune # 2 ha dato continuità alla prima tappa cesenate aprendosi  alla partecipazione di altri artisti che si sono costituiti in un gruppo di lavoro permanente e che ha portato a termine il percorso tra il mese di ottobre 2006 e marzo 2007.

Il centro di interesse di questa tappa dei percorsi luogoComune è la multiculturalità quale una realtà di fatto, piuttosto che come una chimera: abitiamo un territorio, sia quello italiano sia quello europeo, che è di fatto multiculturale.”

Dalle nostre origini.

Come gli storici ci insegnano.

 

 

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