I POPOLI VIRTUALI - EUGRUGHI

PERFORMANCE | INSTALLAZIONI
Francesco Michi


Nel 1992 curai per il Festival Volterra Teatro una piccola sezione intitolata “I Popoli Virtuali”. L’idea era di presentare reperti di culture di popoli virtuali residenti - seppure nascostamene o in maniera diffusa - nelle terre di Toscana, in una edizione del festival il cui tema era appunto il territorio, le scuole e le proposte culturali internazionali che avevano un loro centro di questa regione.
Inventai e chiesi ad artisti di inventare reperti di popolazioni virtuali residenti in Toscana, intendendo l’aggettivo virtuale in tutti i suoi significati, dunque:

- sono popoli che non sono “in atto” ma che hanno la potenzialità per esserlo;
- sono popoli illusori: al confine tra il desiderio della loro realtà e gli scherzi dell'immaginazione;
- sono popoli la cui esistenza è supposta “per comodità”, comodità di trattare un certo gruppo di esser come “facenti parte di una popolazione”, popoli sparsi, i cui individui appaiono in luoghi e tempi diversi.

Organizzai dunque nell’ambito del festival installazioni, performance, ed una mostra di reperti.
In prima persona inventai la popolazione degli Eugrughi, creandone la poetica ed i riti.

EUGRUGHI

a cura di Francesco Michi
(Forse dal greco Eu= buono e dalla slavo drug= amico;
Eudrug quindi Eugrughi, buoni amici).

Molto raramente gli Eugrughi acconsentono a rivelarsi ai popoli che li ospitano; il carattere di questa popolazione è riservato, i modi gentili, i suoni che emettono o che producono non invadenti. La loro tradizione unicamente orale e la loro cultura quasi esclusivamente acustica, è indizio indubbio di un'indole socievole, incline all`incontro e alla convivialità.

BANDIERE SONORE | Installazione
Le bandiere Eugrughe non si agitano al vento, ma col vento suonano: con suoni leggeri e delicati sembrano simulare un'orchestra di xilofoni.

Progetto di Francesco Michi realizzato da Claudio Pozzi.

Volterra
8, 9, 10, 11, 12 luglio 1992
Piazzetta San Michele

IL BOSCO CHE SUSSURRA - recital di poesie Eugrughe | Installazione
l recital dei poeti Eugrughi si svolgono, secondo le più antiche tradizioni, a notte fonda, in piccoli boschetti.
I poeti, nascosti agli sguardi, sussurrano i loro pensieri e le loro emozioni a chi è in grado di recepirle e mischiano i loro suoni con quelli della notte. In possesso di raffinatissime tecniche vocali, i poeti Eugrughi traggono dai suoni della loro lingua, già di per sé complicatissima e molto varia, sonorità complesse e dense.
All'alba, piano, piano, i suoni del giorno prendono il sopravvento sui sussurri dei poeti ed i recital tradizionali trovano così la loro fine naturale.

Voci di Roberto Miscali, Piero Angelo Orechioni e Manuela Pisani, registrate ed elaborate a Firenze da Francesco Michi

Volterra
8. 9, 10, 11, 12 luglio 1992
Fontana sopra i Ponti

Nel 2018 i nastri originali di questa installazione sono stati rielaborati e remixati da Pietro Michi. Il lavoro, dal titolo POESIE EUGRUGHE, è stato pubblicato nel 2019 da Canti Magnetici in una audiocassetta ed un volumetto stampato in digitale.

RADIODANZE - rituali Eugrughi | Performance
Meditazioni danzate o rituali. I suoni per vengono trasmessi da una emittente radiofonica e le praticanti eugrughe accendono il loro apparecchio portatile all’ora giusta, per poter eseguire dovunque si trovino.

Performer Monia Bazzani, Elsa Mersi, Laura Simi e musica di Francesco Michi

Volterra
8. 9, 10, 11, 12 luglio 1992
Vari luoghi



Il senso della operazione, esposto nelle note introduttive del catalogo del festival, sembra essere ancora oggi, nel 2018, pertinente.
Riporto qua sotto un estratto da quel testo:

“Il sogno di tanti viaggiatori è stato quello di incontrare popoli nuovi e sconosciuti. Il sogno descritto in tanti romanzi è quello di aver conosciuto, aver vissuto, aver saputo di popoli strani, raggiunti per caso in isole sperdute, dopo tempeste di mare.
E nelle forme di vita di questi popoli c'è sempre una qualche particolarità che colpisce o imbarazza il viaggiatore: la loro logica è perversa, la loro giustizia estremamente saggia o invece aberrante, la loro organizzazione esemplare o terribile.
Questo è il tema di tanti libri che ci parlano di viaggi, dall'Odissea di Omero fino allo Swift de I viaggi di Gulliver, dall’Utopia di Thomas More, fino alla fantascienza dei nostri giorni.
L'invenzione dell'incontro fortuito con questi esseri, strani spesso anche nell'aspetto fisico, serve di solito per poter parlare liberamente di cultura e di politica, per creare metafore attraverso cui mettere in luce paradossi e contraddizioni, oppure per lasciarsi andar a descrivere il sogno di una condizione di vita diversa, più “umana”.
Sono questi i popoli dell'Utopia, della Fantasy, della Favola.
Ma che cosa succederebbe se, senza doverci spostare, trovassimo le tracce di una esistenza, presente o passata, di questi popoli proprio qui a casa nostra, in Europa, in Italia, in Toscana?
La necessità di una convivenza con culture diverse dalla nostra, con altre etnie, è uno dei dati di fatto che comincia inevitabilmente a caratterizzare la nostra vita sociale, e questo sembra diventare un processo non destinato a fermarsi.
Il contatto quotidiano con questi “altri” è senz'altro fonte di un prezioso arricchimento culturale, arricchimento che però è possibile solo affrontando lo spaesamento del confronto, per il quale saltano i meccanismi standard di identificazione, ponendo dubbi sulla validità ed unicità delle nostre risposte ai fenomeni sociali. È possibile solo, ancora, accettando la prospettiva di una crescente promisquità, della creazione di una cultura ibrida.
Ebbene, cosa succederebbe se per tre giorni una qualche promisquità si venisse ad instaurare con i popoli della metafora, della fiaba, con culture totalmente “altre” perché, nella loro eccessività, non sono toccate da contingenze?
E ancora, cosa succederebbe se questa promisquità si cercasse di crearla all`interno di un festival di teatro, i cui “abitanti” già vivono in una dimensione di ambiguità fra chi scopre e chi è scoperto?
I popoli le cui tracce scorgeremo nel corso del festival, però non sono i popoli della Fantascienza e della Favola, sono qualcosa di più: essi non sono popoli "immaginari", ma sono popoli per i quali, in un certo senso, ci si sente in diritto di rivendicare una esistenza reale.
Ricercheremo dunque la modalità di comunicazione dell'antico popolo dei Cronocorici, di cui rimangono poche e vaghe indicazioni, ma gli individui del quale sembra comunicassero fra loro con uno strano codice basato sulla durata della loro permanenza in luoghi particolari.
Sentiremo parlare di due Verbitechi nati o risorti in Toscana nel linguaggio proprio di questo popolo, i cui individui nascono qua e là nel tempo e nello spazio, e si rifiutano di affidare la loro memoria ad altri mezzi se non a quelli della parola, tramite la verbigerazione.
Assisteremo ai riti notturni dei Terrestri: il sogno di una popolazione nuova composta da umani. Gli Eugrughi saranno presenti con la loro cultura sonora fatta di poesie, di macchine...”


TOP BACK